LA MOSTRA
La mostra, a cura di Michelangelo Giovinale, per le giornate del FAI d’autunno 2022, si articola in otto interventi che il critico d’arte affida all’esperienza di artisti di diverse generazioni, che operando all’interno dell’antica chiesa di San Pietro Apostolo in Aldifreda di Caserta, dovranno necessariamente tessere un dialogo in mimesis, con l’architettura del tempio, realizzando ognuno un intervento site specific.
Un lavoro espositivo complesso, ove le opere inedite, non potranno in alcun modo, né prescindere dal carattere religioso del luogo, né essere altra cosa rispetto al carattere distintivo dell’architettura.
Introduzione alla mostra
L’eterno bisogno di rinascita, assume un valore centrale fra le antiche mura della Chiesa di San Pietro Apostolo in Aldifreda in Caserta, orientando gli interventi di otto artisti, chiamati ad interrogarsi sul senso e sul significato profondo e celeberrimo, del brano tratto dal Vangelo secondo Matteo “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”, che designa di fatto l’apostolo Pietro ad assumere su di se quel “primato petrino” di vicario di Cristo.
Otto artisti in dialogo con la storia. A loro, viene chiesto di tessere con il tempio una dialettica in mimesis con il carattere distintivo del luogo. Un lento processo di assimilazione dentro la storia fra segni, significati e i simboli, di arte e fede che da secoli questo luogo custodisce.
Non solo con la storia, è dunque anche un dialogo con l’esistente. In ciò che ogni artista ha, ascoltato, scavato, avvertito, fra queste antiche mura. In fondo, fra i significati che si colgono in quel mandato petrino di cui è investito nelle sacre scritture il santo Pietro, vi è forte il monito a tracciare una nuova via, una verità, una nuova vita.
La mostra vuole essere una prova di equilibrio fra la storia e la metastoria, fra le stratificazioni secolari di arte e fede e la presenza degli artisti che tornano ad abitare gli spazi antichi di una piccola chiesa. E’ una mostra che si istalla nei vuoti, silenziosa e discreta, con opere che tendono a fondersi con il luogo, fra reliquie di materie, di colori, di anfratti di pietra, ispirate tutte da un criterio di assoluta spiritualità.
Inevitabile in questo processo il doversi incarnare nel tempo. Una condizione, oltretutto, necessaria nel nostro quotidiano, dove i venti del relativismo sociale soffiano forti nella direzione di una società priva di religione e contro ogni Dio.
La tempra delle otto opere è la misura di quanto ogni artista abbia saputo calarsi nelle profondità, insondabili, della fede, restituendo otto inedite interpretazioni con un criterio a tutte comune: la spiritualità come valore di universalità.
Il tempio accoglie queste nuove opere, come da secoli accoglie l’uomo. Alcune più discrete fra l’architettura -quasi a doverle cercare- altre pensate come nuovi simboli dal significato antico, con radici profonde.
Si ha la netta sensazione varcando questo tempio, che una nuova umanità sia ancora possibile, che l’immaginario dell’arte irrorato di fede e storia possa ancora orientarci nei dilemmi privi di soluzione della contemporaneità.
Nella ricerca della spiritualità l’arte resta ancora quella straordinaria esperienza che conduce, attraverso la visione e la meditazione, l’uomo in una dimensione altra, oltre da se e trascendentale.
Queste opere recano tutte una luce interiore, restano sospese nella profondità dello sguardo e forse dell’anima. Recano, unicamente, il messaggio della Parola. Il Verbo divino.